I complotti di Facebook e degli Smartphone.

 MM

Grazie ad un allineamento di costellazioni favorevoli, alle 18.30 sono fuori dall’ufficiomessaggi-iPhone-614x535 giusto in tempo per incontrare una ex collega per un aperitivo veloce. L’appuntamento è in zona duomo, tre fermate di 14 e sono lì. Mentre cerco di aprirmi un varco tra i sacchetti della spesa e la folla stanziale per andare a timbrare il biglietto mi squilla il telefono. – Come tutte sapete a noi donne il telefono suona sempre nei momenti meno opportuni: quando siamo dal parrucchiere con la tinta in testa, al supermercato quando siamo

in cassa e dobbiamo pagare, dall’estetista mentre ci stanno facendo la ceretta all’inguine o come in questo caso, quando siamo su un tram all’ora di punta e stiamo cercando di scavalcare qualsiasi ostacolo esistente tra noi e l’obliteratrice per evitare una possibile multa. – Mentre inciampo in uno zaino e cerco di non appoggiare le mie adorabili chiappe sul pavimento, frugo in borsa alla ricerca del cellulare.

– “Pronto,” dico un po’ provata

– “Ciao tesoro, scusami se ti chiamo solo ora, ma mi hanno incastrato in ufficio. Ho appena saputo che domani ho un super appuntamento con un cliente di cui non so nulla. Tutta colpa di quella stronza della mia capa. Dovrò rimanere qui fin quando non saprò tutto di lui e delle sue tecniche di vendita, quindi il nostro aperitivo salta. Che palle!”

– “Ti capisco, capita spesso anche a me sta storia. Anzi più spesso di quello che vorrei,” rispondo sospirando. “Dai, sarà per la prossima volta. Fatti sentire presto. Ciao.”

Sto rimettendo il telefono in borsa mentre vedo il display illuminarsi. Mi è arrivata una notifica. – Dovete sapere che fino ai mei 20 anni i cellulari servivano solo per due cose 1)telefonare 2) scrivere sms. Sicuramente erano basici e limitati. Le suonerie da Circo Togni e le fotocamere che sgranavano qualsiasi tipo d’immagine non aiutavano di certo. L’apice tecnologico veniva toccato quando ci passavamo file, canzoni solitamente, via Bluetooth, ma sapete che vi dico: l’ansia da notifica non c’era e sinceramente si viveva molto meglio. – Premo il dito sullo schermo e si apre la app di Facebook. Ecco, quello che speravo non succedesse mai era appena successo: GiacomoMaria mi ha chiesto l’amicizia! La situazione va arginata immediatamente. Necessito di sostegno e di alcol. Scendo dal tram e chiamo l’unica persona che mi può aiutare in questo momento: Elli. Dopo quindici minuti siamo una di fronte all’altra su un terrazzo che domina Piazza Duomo con in mano un Traminer aromatico.

– “Dalla foto profilo sembra carino. Certo che il nome è improponibile. Ma come si può chiamare una persona GiacomoMaria?” Dice Elli dopo aver bevuto un lungo sorso di vino.

– “Per essere carino è carino, sul nome meglio sorvolare, ma Elli io un altro avvocato lo eviterei proprio. Se penso a  tutto quello che mi hanno fatto passare i suoi colleghi negli ultimi anni mi butterei da questa terrazza. Lo sai com’è la categoria: arroganti, saccenti, egoriferiti, maniacali, sbrodolatamente egocentrici, spesso irreperibili, intolleranti a qualsiasi tipo di pseudo relazione possibile, per non parlare poi di una relazione vera e propria, se ne sentono solo l’odore nell’aria si spacciano per morti. Al prossimo che mi dice che è un’isola felice in mezzo all’oceano giuro che  gli metto una boccetta di lassativo nel caffè. La mattina. Prima di andare in ufficio.”

– “Sì, ok, ti do ragione, ma ti ricordo che anche le altre relazioni fuori dalla categoria in questione non è che proprio siano state idilliache e abbiano brillato di luce propria. Mettiamoci tante pietre sopra e non rivanghiamo che è meglio.  Ma che ti ha scritto questo avvocato?” – Ebbene sì, con la richiesta d’amicizia GiacomoMaria mi ha pure scritto un messaggio privato. –

“Eccoti. E’ stato difficile trovarti, mi auguro che il mio sforzo non sia stato vano.” G.

Sospirando guardo Elli e dico, – “Che faccio?”

– “Diamogli una chance.”

Dalle 20.13 GiacomoMaria fa parte dei miei amici.

Onestà intellettuale: so già come andrà a finire. Non so se ridere o piangere.

M.M.

© Mademoiselle M

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