MM
Fuori dalle finestre la giornata non è delle migliori: soffia un po’ di vento e il sole è coperto da qualche nuvola. Vedo La Naif davanti a me che gesticola convinta mentre parla di una strategia per un nuovo cliente. Ascolto tre parole ogni dieci. Sento brand, mission, focus target… e annuisco in modo automatico. Non è che sono annoiata, certo La Naif è altamente prolissa, ma in realtà io sto pensando ad altro.
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La chiamata che non ti aspetti.
MM
Entro nello showroom di arredamento alle 9.30 in punto. Ad aspettarmi trovo Giorgina e il suo sorriso contagioso.
-“Ciao bella, come stai? Mi ha appena chiamato il fotografo, mi ha detto che tarderà di 15 minuti. Ti va un caffè?”
-“Sì. Lungo, ho già capito che questa sarà una mattinata difficile” rispondo.
Il cugino del colloquio.
MM
Ci sono dei giorni in cui l’ultima cosa che vorresti fare è andare in ufficio. Non c’è un motivo preciso, ma una sensazione che ti gira in corpo e ti fa intendere che per le prossime 24 ore è meglio starsene a casa. Oggi è uno di quelli. Secondo voi ho dato retta a quella sensazione? Ovviamente no ed ora sono qui seduta nella mia stanza a fissare il monitor del pc mentre faccio tamburellare ritmicamente le dita sulla scrivania.
Richiesta inaspettata.
MM
La mia scrivania è occupata da qualsiasi cosa: cartelle stampa, comunicati, veline per avvolgere scarpe, un paio di ballerine gioiello da spedire per un servizio fotografico, bozze di inviti per il Salone del Mobile, quattro riviste, fogli su cui sono annotati i miei appunti volanti, due faldoni di documenti, la mia immancabile tazza colma di Nescafé – ho l’irreale convinzione che il Nescafé faccia meno male del caffè vero, soprattutto se usato in grandi quantità – e la mia agenda. In questo scenario di perdizione cromatica io, ho occhi solo per il mio cellulare posizionato astutamente a cinque centimetri dal computer in modo da dare costantemente uno sguardo allo schermo grande – pc – e uno allo schermo piccolo – iPhone – .